tiramisù

Racconto umoristico: “Che non sarebbe durata” (puntata 1 di 7)

tiramisùChe non sarebbe durata Franco lo aveva capito subito.
Alla fine neanche ci voleva un veggente.
Non eravamo fatti l’uno per l’altra.

Sono passati anni da quando io e lei ci siamo lasciati. E Franco ci sta scherzando su. Ha passato metà della cena ad elencare le tappe più comiche del mio matrimonio con Benedetta. E tutti a ridere. Beh, come non farlo? È stata una relazione talmente assurda …

Proprio adesso sta raccontando di quella cena al Tamarindo. Ero appena tornato dal viaggio di nozze. Eravamo solo io e lui. Io allungai la mano per prendere una birra.
Franco mi guardò la mano. Perplesso.
Franco mi guardò. Perplesso.
Qualcosa non gli quadrava.
Qualcosa non quadrava.
– … ma la fede?
Il mio pensiero volò alla Pellegrini. ‘Gran figa! E come parla bene! Mi piace troppo come parla!’
Poi capii.
Mi guardai la mano.
Nuda.
– OH CAZZO! Devo averla dimenticata a casa …
– Come si fa a dimenticarsi la fede a casa? Ma non la indossi sempre?
– Beh, no … se solo lo sapesse la mia fidanzata!!!
– Non è la tua f i d a n z a t a … è tua m o g l i e!
– Ah, giusto …
Effettivamente … per dire che non sarebbe durata … alla fine neanche ci voleva un veggente.

La regola è: tutti cucinano qualcosa, tutti portano qualcosa.

Annalisa aveva portato un riso freddo. Aveva personalmente coltivato le verdure nel suo orto. Le aveva personalmente raccolte. Le aveva personalmente pulite.

Alfonso aveva scaricato una ricetta di cucina cinese. Aveva personalmente sperimentato la ricetta ed aveva portato il risultato. Probabilmente tossico. Con ogni probabilità immangiabile.

Vincenzo aveva portato delle lasagne personalmente fatte in casa. Personalmente, sì, ma da sua mamma (anche se lui lo nega contro ogni più logica evidenza).

Arturo aveva personalmente fatto un antipasto a base di finocchi. Suscitando ironia ed ilarità diffusa.

Franco aveva personalmente preparato la sua specialità: pane e prosciutto. Per la precisione si era limitato a portare il pane. Ancora da affettare. E a portare il prosciutto. Ancora da affettare.

Io avevo personalmente … beh, io avevo personalmente preso delle pizze da asporto. Beh, sì. Ho sempre odiato cucinare. Faccio una fatica immonda anche solo a scaldare il tè.

Vittoria invece aveva personalmente preparato il suo ormai leggendario dolce. Una volta lo assaggiai. Senza sapere in che cosa mi stavo cacciando. Lo stavo portando alla bocca, quando vidi Franco che mi fissava con una espressione indecifrabile. Scuoteva la testa quasi impercettibilmente. Gli occhi carfagneschi. Non capivo. Lo assaggiai. E immediatamente decifrai l’espressione indecifrabile. Era un disperato gesto d’amicizia. Era un “non farloooooooooo!!!!!!!!!” Quel dolce era gomma. Masticai il primo boccone per quindici minuti consecutivi, slogandomi la mascella, senza venirne a capo. Sorridendo a Vittoria. “Buono! Davvero! Brava!” Poi, appena si voltò, sputai il tutto in un tovagliolo e feci sparire la fetta che avevo in mano (lanciando il tutto, tovagliolo e fetta, dalla finestra), aspettai che Vittoria si voltasse di nuovo verso di me, mi passai la mano sulla pancia e, con espressione soddisfatta, le confermai “buonissimo!”. Fu così gratificata che me ne portò immediatamente una seconda fetta. Fu un’esperienza agghiacciante.

Tutt’oggi l’unico essere capace di ingurgitare quella sottospecie di pneumatico è Marco. Semplicemente perché mosso da mero istinto ormonale, evidentemente più forte di quello di sopravvivenza. Dovete sapere che Vittoria ha una quarta perennemente scollata. E Marco farebbe di tutto per una immersione. Di tutto. Nel caso particolare: tre porzioni di dolce. Sacrificio per altro totalmente inutile, vista la propensione più che esclusiva di Vittoria per Manfredo.

Tutti avevano cucinato qualcosa. C’era di che sfamare l’umanità per il successivo millennio. Ma l’attenzione, l’occhio e l’acquolina di tutti erano per lui. Per il tiramisù di Alice. Un tiramisù assassino. Di quelli che non riesci a smettere di mangiarne. Una due tre quattro cinque porzioni.
Di quei dolci che il giorno dopo ti svegli col senso di colpa, il colesterolo in orbita, il diabete ereditario e obeso.
Di quei dolci che il giorno dopo ti svegli e sei un americano medio.

… continua…

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