"Notte stellata" di Van Gogh

Racconto per bambini cresciuti: “Il regno dei gelati” (puntata 2 di 9)

"Notte stellata" di Van GoghClaudio era passato dal salotto, dove aveva trovato la tv accesa. La aveva lasciata accesa Paolino.
Paperissima.

C’erano degli animali che parlavano.
Ora capiva quella storia che gli animali parlano. Paolino non faceva che dirgli: “sentiti! pallano!” [li ho sentiti! parlano!]

C’erano degli animali che si dicevano “ti voglio stare vicino vicino”.
Ora capiva quella storia del “ti voglio stare vicino vicino”. Paolino non faceva che ripeterlo dalla mattina alla sera, stringendo Ettore.
“Ti voglio ‘ttare vicino vicino!” [ti voglio stare vicino vicino!]

Non se ne separava mai.
Né per andare al nido. Né per andare in bagno.

Li trovò, infatti, insieme sotto le coperte. Tirate fino al nasino. Paolino faceva sempre attenzione a lasciare scoperto il nasino di Ettore. Anche se era in letargo, doveva pur sempre respirare.
Guardavano il soffitto.
Una coppia orsomosex che guardava il cielo stellato.
Una cosa tanto perversa quanto romantica.
Guardavano il cielo stellato.

Claudio aveva dipinto un cielo stellato sul soffitto della cameretta.
Niente a che vedere con Van Gogh.
Nemmeno lontanamente.

Ad educazione artistica aveva sempre avuto tre.
Una maestra cattiva aveva stroncato sul nascere la sua vena artistica.
Claudino aveva portato alla maestra il suo disegno. Soddisfattissimo di sé.
Una casetta bicolore 2d.
Una famiglia bicolore 2d.
La famiglia bicolore 2d più grande della casetta bicolore 2d.
– “Cosa è questo pastrocchio? Come fanno ad entrare in casa?! Guarda che casa piccola che hai fatto!”
Claudino era tornato a posto. Con il suo disegno. Lo aveva strappato.
Da quel giorno iniziò a fare disegni proporzionati. Prendeva le misure. Si era procurato righelli, righe, squadre, goniometri, compassi, metro da sarta e, non si sa bene perché, cronometro, barometro, termometro e contapassi.

Non erano più riusciti a fargli fare un disegno a mano libera.
Da grande era diventato geometra.
Non erano più riusciti a fargli fare un disegno a mano libera. Fino a quel giorno. Quel giorno in cui Paolino, due anni, sdraiato nel suo lettino disse “ ‘ttette!” [stelle].

Claudio ebbe quella idea.
Passò i successivi due giorni chiuso in quella stanza a dipingere. Sullo scaleo. A mano libera. Ne venne fuori una cosa inguardabile. Ma stavolta non era la maestra cattiva a giudicare. Era Paolino.
– Bello ‘ccello [bello il cielo] – disse.
“ ’ttette” … “ ‘ccello” … Paolino ogni tanto sbagliava le parole.
Claudio non sapeva perché … ma su dieci parole che diceva suo figlio … tre erano sconce e quattro erano parole storpiate che ricordavano parole sconce. Le altre tre erano per lo più superflue nel contesto della frase. Di contorno.

Claudio aveva dipinto un cielo stellato sul soffitto della cameretta.
Ne venne fuori una cosa così inguardabile ed indecifrabile che Claudio si era sentito in dovere di scrivere sul soffitto “cielo stellato”, dimenticandosi il piccolo dettaglio che Paolino non sapeva leggere. Non aveva ancora tre anni. Non sapeva ancora leggere. Ma non ne aveva bisogno.
Gli piaceva.
Gli piaceva anche quella scritta.
– Bello. Giallo [bella quella scritta gialla].
Non aveva detto niente di sconcio né di similsconcio. Claudio quasi stava per commuoversi.

Paolino ed Ettore dovettero dormire per i successivi tre giorni in camera dei genitori.
Perché il soffitto forse era anche bello, ma la stanza puzzava di vernice in misure tossiche. Paolino si era accorto anche di quello.
Paolino si accorgeva di tutto! Non solo del fatto che gli animali parlano!
– Puccio … [che puzza!]
Si era zittito. Aveva annusato bene. Da segugio.
– … peta? [hai fatto una puzzetta, papà?]
– No, no! Paolino … è la vernice!
Paolino lo aveva guardato. Aveva guardato suo papà.
Con scetticismo.
Con diffidenza.
Vernice.
Non conosceva quella parola.
Era una scusa.
Di sicuro.
A volte i grandi si nascondono dietro alle parole.
Inventano parole per non dire le cose come stanno.
– Peta! [puzzetta!]
Stavolta non era una domanda. Il suo papà aveva fatto una puzzetta. Una puzzetta bella puzzolente. Per tre giorni lui ed Ettore avevano dovuto dormire in camera dei genitori.

… continua…

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