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Racconto drammatico: “Il mostro di Colleverdi” (ultima puntata)

immagine di un regalo con la scritta "pdf" e sotto la scritta "scarica gratis"Arrivano.
Finalmente.
Lo prendono. Lo ammanettano. Lo portano alla volante. Per portarlo in prigione. Sotto gli sguardi compiaciuti della folla giustizialista e giustiziera. La folla turistogiustiziera. La folla delle esecuzioni.

Passano le settimane.
Continuano a parlare di lui.
Poi un po’ meno.
Poi un po’ meno.
Poi un po’ meno ancora.
Poi ad Udine. Una nuova strage in famiglia.
Colleverdi, i suoi mille abitanti, l’alimentari tornano lentamente nell’anonimato. Escono dai giornali. Dalle tv. Dalle mappe turistiche.

Passano tre mesi.
Trovano il colpevole.
L’assassino del piccolo Davide Turini.
Non è Marco.
Non è stato lui.
Non è stato lui.
Ma.
A Marco intanto hanno rubato la vita. Così. Per sentito dire.
A Marco intanto hanno rubato due vite. Così. Per sentito dire.
Due.
La sua.
E quella di suo figlio.
Morto.
Ammazzato.
La sua.
Si sono presi la sua vita.
La sua.
Ora gliela restituiscono.
Rottamata.
Da rottamare.
Senza una scusa.
Così.
Gliela restituiscono.
Senza una scusa.
Quella vita.
Rottamata.
Da rottamare.
Quella vita di merda.
Lui, con quella vita di merda, non sa più che cazzo farci.
Lui, innocente.

Compare qualche articolo. In seconda pagina.
Compare qualche servizio del tg. Un rapido aggiornamento: “scarcerato il mostro di Colleverdi”. Sì. Quel nome gli è rimasto. È l’unica cosa che gli è rimasta. È innocente ed è il mostro di Colleverdi.
Non ha più una vita. Solo quei due amici e la mamma. Che però non gli bastano. Che però non possono bastargli. Loro ci sono sempre stati. Loro sempre ci saranno. Ma non possono bastargli.
Solo quei due amici, la mamma e suo figlio. Morto. Ammazzato.

Esce di casa. Dà un’occhiata in strada. Nessuno.
Scende in garage.
Quella scritta sulla fiancata. M O S T R O.
Quei finestrini distrutti.
Prende l’auto.
Va al cimitero.
Da suo figlio.
Finalmente soli.
Da suo figlio.
Suo figlio.

Arriva sulla tomba.
A chiedere scusa.
A chiedere scusa a suo figlio.
Ora che sono soli.
Ora può chiedergli scusa.
Non si perdonerà mai.
Come ha potuto?
Come ho potuto addormentarmi?!
Non me lo perdonerò mai.
Scusa.

 

FINE

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2 commenti su “Racconto drammatico: “Il mostro di Colleverdi” (ultima puntata)”

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